Da alcuni anni lavoriamo in biologico, da sempre vinifichiamo solo le nostre uve, ne seguiamo il percorso passo passo durante tutto l’anno e le vendemmiamo solo a mano e in cassetta. Ci mettiamo la massima cura perché sappiamo che ci vuole un’uva di alta qualità per fare un vino buono.
Cerchiamo di esprimere il nostro territorio attraverso i nostri vini, lavoriamo i vitigni autoctoni come croatina, barbera e uva rara e quelli che sono arrivati in Oltrepò Pavese più tardi, ma che vi hanno eletto dimora, come pinot nero e riesling renano. Siamo fin dagli inizi particolarmente legati al pinot nero, che sulle nostre terre presenta una sua spiccata peculiarità.
Quando il mare se ne andò dalla Pianura Padana milioni di anni fa, lasciò in Oltrepò Pavese terreni differenti tra loro, composti da argille rosse, ferruginose, da marne, da vene di gessi. Scavando si trovano ancora conchiglie, testimoni di quel passato lontano. Avere consapevolezza della diversità geologica delle nostre terre, conoscerne a fondo i segreti, studiarne l’esposizione, ci permette di individuare il vitigno più adatto a ogni vigneto.
Abbiamo 31 ettari di terra, 21 dei quali a vigneto. Per mantenere la biodiversità, che è vita, oltre all’uva coltiviamo noccioli, abbiamo campi a seminativo, alberi da frutta, orto.
Ospitiamo qualche capra che ci aiuta a mantenere pulito il bosco, api che si danno da fare sui nostri fiori e una mezza dozzina di mucche che ci fornisce parte della materia organica per concimare i nostri vigneti.
È opinione diffusa che il miglior indice di buona salute dei terreni sia la presenza di lombrichi. Tuttavia, i suoli più vocati alla viticoltura sono spesso molto asciutti e non ne favoriscono il proliferare abbondante.
In viticoltura, quindi, per misurare la vitalità dei suoli la scienza fa riferimento anche ad altri indici, internazionalmente riconosciuti:
– l’Indice QBS-ar (Qualità Biologica del Suolo – artropodi più sensibili alle vessazioni): si esaminano e si contano gli artropodi presenti nel suolo e si attribuisce loro un punteggio direttamente proporzionale alla loro sensibilità (più sono sensibili, più il punteggio è alto e più si avrà la conferma di una gestione di salvaguardia del suolo);
– l’Indice H’ di Shannon-Wiener (o indice di biodiversità): indica l’abbondanza relativa di gruppi o di specie presenti in un suolo. Il punteggio dipende molto dalla sensibilità delle specie: un suolo con poche specie molto sensibili avrà un punteggio più alto di un suolo popolato da un numero maggiore di specie, ma meno sensibili;
– l’Indice J di Pielou (o di distribuzione): esprime quanto la distribuzione delle specie si avvicini a una ripartizione perfettamente equa. Quando per esempio si conta un solo individuo della specie X e dieci della specie Y, c’è meno armonia rispetto al caso in cui si contino cinque X e cinque Y.
Tutti questi indici sono messi in relazione con la quantità e qualità della sostanza organica (humus), che noi creiamo con i sovesci e con un compost fatto con le nostre vinacce, il letame delle nostre vacche, l’erba che tagliamo e il cippato derivante dal nostro legno.
L’insieme di questi dati, opportunamente comparati, ci consente di arrivare a valutazioni scientifiche oggettive. Misuriamo quello che succede, valutiamo se la qualità biologica dei suoli ci permette di avere delle uve di qualità migliore (e in genere lo sono) e facciamo molta attenzione a come mantenere, valorizzare ed estendere questa armonica condizione.